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Trapianto di capelli, la soluzione chirurgica immediata

Il trapianto di capelli è un tipo di intervento chirurgico finalizzato al rinfoltimento di zone diradate dello scalpo. Anche noto come “auto-trapianto”, prevede l’estrazione di unità follicolari dalla zona della testa chiamata “zona donatrice”, vale a dire l’area posteriore della testa, e il loro innesto nelle zone da coprire, cioè “la zona ricevente”.

 

Le fasi del trapianto di capelli

Il trapianto di capelli prevede quindi il susseguirsi di una serie di fasi volte al prelievo di follicoli resistenti al DHT dalla zona donatrice e al loro innesto nelle zone diradate. Una volta spostati infatti, i follicoli mantengono la loro caratteristica di resistenza e perciò non si assisterà a una nuova miniaturizzazione, ma piuttosto alla ricrescita dei capelli.

La prima fase del trapianto prevede la selezione e l’estrazione dei follicoli dalla zona donatrice. Questa azione può essere eseguita con due metodi diversi. Inizialmente si ottenevano i follicoli mediante la rimozione di una losanga di pelle dalla zona della nuca e l’estrazione delle unità follicolari presenti su tale porzione di pelle. A questo punto bisognava procedere alla chiusura mediante sutura dei due lembi di pelle. Tale tecnica è nota come STRIP o FUT e tende a lasciare una cicatrice visibile nel sito di estrazione. Più recentemente è invece stata sviluppata un’altra tecnica di estrazione, la FUE. Questa prevede l’estrazione di singole unità follicolari una per una mediante l’utilizzo di appositi punch. In questo caso le cicatrici saranno piccole e tondeggianti. Una volta estratte le unità follicolari si deve procedere al loro innesto in area ricevente. Per questo vengono realizzate delle incisioni in corrispondenza dei punti nei quali si vogliono andare a innestare i nuovi capelli. Create le incisioni, si procede all’inserimento dei follicoli.

Per maggiori informazioni tecniche sul trapianto di capelli leggete qui.

 

L’importanza di scegliere un chirurgo competente

Tanto la fase di estrazione quanto quella di innesto devono essere svolte da un chirurgo professionista specializzato nel settore. In corrispondenza delle unità follicolari che sono state estratte in zona donatrice infatti non cresceranno nuovi capelli, proprio perché manca l’unità follicolare. Questo significa che l’autotrapianto comporta un certo svuotamento della zona donatrice che solo un medico specializzato è in grado di gestire e controllare per far si che risulti infine poco percettibile. Si deve scegliere con cura quali follicoli estrarre e quali lasciare perché la zona resti sufficientemente integra e abbia un aspetto naturale. Fondamentale per la naturalità del risultato è anche, chiaramente, la fase di innesto. Le unità follicolari devono essere disposte sulla linea frontale e sulla parte superiore dello scalpo in modo che la loro ricrescita vada a simulare correttamente la presenza dei capelli come prima che venissero persi.

 

L’alopecia androgenetica

La principale causa di calvizie negli uomini è l’alopecia androgenetica. Si tratta di un tipo di perdita di capelli dovuta alla sensibilità dei follicoli all’ormone DHT, un derivato del testosterone. Tale sensibilità comporta una crescente miniaturizzazione dei follicoli piliferi e infine la loro totale atrofizzazione. La perdita di capelli dovuta a questa causa è legata a questioni genetiche che comportano che l’individuo sia più o meno predisposto a sviluppare la sensibilità al DHT.

Tuttavia, l’alopecia androgenetica non colpisce tutti i follicoli dallo scalpo, ma solo quelli di alcune zone. Le zone dei parietali e del retro della testa infatti non vengono intaccate dalla calvizie, dato che i follicoli di queste aree sono resistenti al DHT. In poche parole, nel caso di alopecia androgenetica, i follicoli delle aree superiori dello scalpo sono sensibili al DHT e quindi vedranno una perdita di capelli, mentre nelle zone posteriore e laterale i capelli si preservano. A partire dalla consapevolezza che la calvizie comune ha questo sviluppo e queste caratteristiche è stato possibile pensare a un tipo di intervento chirurgico che potesse migliorare la situazione, l’autotrapianto di capelli per l’appunto.

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Trapianto di capelli FUE, estrazione della singola unità follicolare

Con la sigla FUE (Follicular Unit Extraction) si indica una delle possibili tecniche di trapianto di capelli. In particolare, la tecnica FUE è la più innovativa al momento disponibile e sta andando poco a poco a sostituire la vecchia tecnica, nota invece come FUT (Follicular Unit Transplantation).

 

Caratteristiche del trapianto di capelli FUE

In generale, tutti i tipi di trapianto prevedono lo svolgimento di alcune fasi standard. Inizialmente si selezionano i follicoli da estrarre dalla zona donatrice, poi si procede all’estrazione vera e propria. Successivamente si prepara il sito ricevente mediante la realizzazione delle incisioni nelle quali si va infine a inserire le unità follicolari estratte. Le tecniche FUE e FUT si differenziano nella fase dell’estrazione, mentre vanno in parallelo per quanto riguarda le altre fasi.

La tecnica FUE prevede che le unità follicolari vengano estratte una ad una dalla zona donatrice, vale a dire l’area posteriore dello scalpo. Tale estrazione avviene mediante uno specifico strumento chiamato “punch”. Si tratta di un dispositivo dalla forma allungata caratterizzato da un’estremità appuntita che può essere di varie dimensioni, a seconda delle necessità. Questo strumento permette di creare dei tagli circolari intorno alle unità follicolari, consentendo al chirurgo di andare qualche millimetro in profondità sotto la pelle ed estrarle. Le sempre nuove tecnologie stanno permettendo la produzione di punch sempre più innovativi grazie ai quali si riduce notevolmente il tasso di transection, cioè di danneggiamento dei follicoli, e le unità riescono a essere estratte totalmente intatte in tutte le sue parti. Inoltre, tanto più il punch è piccolo, tanto più piccola sarà la cicatrice derivante dall’estrazione del follicolo.

 

Differenti esiti cicatriziali tra FUE e FUT

La differente tecnica di estrazione tra FUE e FUT comporta una sostanziale differenza degli esiti cicatriziali. A seguito di una FUE si presenteranno numerosissime cicatrici, pari al numero di unità follicolari estratte, ma molto piccole e circolari. Ovviamente, con un trapianto FUE non si vanno a estrarre tutte le unità follicolari disponibili, ma solamente alcune, valutando attentamente quali togliere e quali no allo scopo di non diradare eccessivamente l’area. Questo significa che, se il lavoro viene ben eseguito, le piccole cicatrici FUE possono tranquillamente rimanere nascoste tra i capelli ancora presenza nella zona, anche se tagliati corti.

Con la FUT, al contrario, la cicatrice che si crea è tendenzialmente più vistosa e meno facile da nascondere. Si tratta sì di una sola cicatrice, ma abbastanza lunga e di forma lineare posizionata sul retro della nuca. Se si vogliono tenere i capelli corti è molto difficile coprirla perché non può minimamente mimetizzarsi con il resto dei capelli, data la sua forma così poco naturale. Al contrario, può suggerire chiaramente l’idea che ci si è sottoposti a un intervento chirurgico. Forse non tutti penseranno immediatamente a un trapianto di capelli, è vero, ma sicuramente una cicatrice del genere fa comunque pensare a qualche tipo di intervento alla testa.

 

Una rapida convalescenza grazie all’estrazione FUE

La tecnica di trapianto FUE presenta quindi un notevole potenziale per andare a risolvere una volta per tutte il problema della calvizie con un risultato naturale. La FUE inoltre è un intervento non particolarmente invasivo e non richiede la pratica di suture. Questo riduce notevolmente il carico di dolore e infiammazione. Anche per questa ragione il periodo di convalescenza post trapianto FUE è particolarmente rapido. I capelli trapiantati cominceranno poi a vedersi 3-4 mesi dopo il trapianto, mentre il risultato finale sarà totalmente visibile a distanza di 9-10 mesi.

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Trapianto capelli FUT – Estrazione della losanga di pelle

La tecnica di trapianto di capelli FUT (Follicular Unit Transplantation) è una delle possibili metodologie per eseguire un autotrapianto di capelli. Si tratta di una delle prime tecniche messe in atto per eseguire questo tipo di intervento. Più recentemente è stata sviluppata anche un’altra tecnica, la FUE (Follicular Unit Extraction).

 

Come si svolge un trapianto di capelli FUT

L’operazione di trapianto FUT si svolge di solito in anestesia locale. La fase numero uno di un trapianto FUT è la preparazione della zona donatrice, vale a dire la zona della nuca. Vi si interviene accorciando i capelli e si procede poi al prelievo di una striscia di pelle dove i capelli crescono normalmente. Solitamente questa losanga di pelle ha dimensioni di una ventina di centimetri di lunghezza e spessore tra il centimetro e il centimetro e mezzo. La tecnica FUT è anche nota come STRIP, termine che appunto fa riferimento alla striscia di pelle che viene tagliata. Questa striscia di pelle presenta una certa quantità di unità follicolari che devono venir separate dalla pelle per poter essere poi innestate. Inoltre, bisogna procede alla chiusura del taglio da cui è stata prelevata la losanga. Solitamente si realizza uno specifico metodo di sutura, detta “sutura tricofitica”.

Completata la fase dell’estrazione si passa a quella dell’innesto. Le unità follicolari liberate dalla striscia di pelle rimossa vengono inserite nella parte di cuoio capelluto diradata. In particolare, vengono innestate in incisioni realizzate precedentemente con l’ausilio di specifiche lame.

Di solito, con un trapianto STRIP si arrivano a estrarre circa 4000-4500 unità follicolari. La durata media di un intervento del genere è dalle 3 alle 5 ore.

 

Vantaggi e svantaggi del trapianto FUT

Il principale vantaggio della tecnica FUT sta nel tasso di sopravvivenza dei follicoli che tendenzialmente è molto alto. Questa caratteristica è dovuta al metodo di estrazione che, prevedendo di ricavare le unità follicolari da una sezione di pelle separata dallo scalpo, permette di agire senza rischiare di danneggiare in modo significativo le graft estratte. Inoltre, con la tecnica FUT, così come con le altre tecniche di trapianto, si vanno davvero ad aggiungere dei capelli nelle zone diradate, ottenendo così un effetto molto più credibile e naturale rispetto invece all’utilizzo di altri prodotti estetici volti a simulare la presenza di capelli. Col trapianto si vanno davvero ad aumentare la densità e la copertura della testa con il posizionamento di veri e propri capelli.

Oltre a questi vantaggi però, il trapianto FUT presenta anche una serie di complicanze e svantaggi. Quello più evidente è sicuramente l’ingombrante esito cicatriziale che solitamente si crea a seguito di questo intervento. Nella zona donatrice rimarrà infatti una cicatrice lineare più o meno spessa e tendenzialmente difficile da nascondere. Inoltre, la necessità di estrarre un’intera striscia di pelle e la conseguente sutura comporta al paziente una convalescenza sensibilmente più lunga e pesante rispetto che con il trapianto FUE.

 

Quando ricrescono i capelli dopo un trapianto FUT?

Non è possibile stabilire con totale esattezza il momento in cui i capelli cominceranno a ricrescere, dato che si tratta di un fattore personale. In generale, almeno 6 mesi sono necessari perché i risultati comincino a vedersi.

Un fenomeno del tutto normale è una diffusa caduta dei capelli trapiantati circa due o tre settimane dopo l’intervento. Questa occorrenza potrebbe erroneamente far pensare che il trapianto non sia andato bene, ma si tratta invece di un fenomeno totalmente comune che non deve destare preoccupazione nel paziente. Nei mesi successivi, i capelli cominceranno davvero a crescere forti e sani.

 

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Perdita dei capelli

Perdita dei capelli, la guida di trapiantocapelliroma.com

La perdita dei capelli è un fenomeno molto comune, sia tra le donne che tra gli uomini. In generale, circa quasi una persona su due presenta questa problematica. E’ doveroso sottolineare che, entro certi limiti, la caduta dei capelli è un fenomeno del tutto normale e fisiologico, del quale non ha senso preoccuparsi più del dovuto. All’interno della generica categoria di “perdita dei capelli” rientrano infatti numerose varianti del fenomeno, caratterizzate da diverse cause, diverse manifestazioni e diversi decorsi.

 

Come si manifesta la perdita dei capelli?

Come si accennava, un continuo ricambio dei capelli, e di conseguenza una loro frequente caduta, non deve per forza indicare la presenza di un problema patologico. Perdere tra i cento e i cinquanta capelli al giorno è del tutto normale. Un campanello dall’allarme invece deve suonare quanto diventa evidente che la perdita sta superando la crescita. In questo caso potrebbe trattarsi di alopecia androgenetica e potrebbe essersi avviato il processo di diradamento progressivo, che vedrà i capelli diminuire in quantità e assottigliarsi crescentemente.

 

L’alopecia androgenetica

La causa più comune della perdita dei capelli è proprio l’alopecia androgenetica o più comunemente definita calvizie, che, come suggerisce il termine, dipende da una predisposizione genetica. Nel caso dell’alopecia androgenetica la perdita dei capelli è dovuta all’azione del DHT sui follicoli piliferi dello scalpo, azione che comporta un crescente diradamento. Il DHT è un ormone derivato dalla trasformazione del testosterone portata in atto da uno specifico enzima, chiamato 5 alfa reduttasi.

 

Alopecia androgenetica femminile e maschile

Al contrario di quanto si potrebbe pensare, l’alopecia androgenetica non è un fenomeno che colpisce esclusivamente gli uomini, anzi, di media può arrivare a colpire anche fino al 50% delle donne, una percentuale sì minore a quella maschile del circa 80%, ma comunque considerevole. La manifestazione dell’alopecia androgenetica è notevolmente diversa negli uomini rispetto che nelle donne.

La calvizie femminile vede un generico diradamento che interessa l’intero cuoio capelluto e che non provoca però una particolare stempiatura nella zona frontale. Nell’uomo invece, l’alopecia androgenetica si presenta con un’iniziale stempiatura a M a partire dalle tempie e che poi indietreggia sempre di più. Nell’uomo si può arrivare alla perdita totale dei capelli nella parte superiore dello scalpo, mentre nella donna questo avviene molto più difficilmente.

 

Cure farmacologiche per l’alopecia androgenetica

L’alopecia androgenetica è la principale causa della perdita dei capelli. Per questo, si è tentato di cercarne una cura farmacologica. A oggi, i due principali medicinali utilizzati per combattere l’alopecia androgenetica sono Minoxidil e Finasteride. Minoxidil è un farmaco a uso topico, che va cioè applicato a livello cutaneo sullo scalpo e ha l’obiettivo di stimolare la ricrescita del capello, regolarizzandone a stabilizzandone il ciclo vitale. La sua azione è limitata al solo periodo d’uso, che deve prevedere un’applicazione costante e regolare. I principali effetti collaterali di questo farmaco sono prurito, irritazione e secchezza dell’area trattata.

Finasteride invece è un farmaco che va assunto oralmente. La sua azione è diretta contro l’enzima 5 alfa reduttasi, il responsabile della trasformazione del testosterone in DHT. I risultati ottenibili con Finasteride sono maggiori e più duraturi rispetto a quelli di Minoxidil. Tuttavia, questo farmaco comporta spesso effetti collaterali spiacevoli, specialmente a livello sessuale, come disfunzione erettile e calo della libido. Finasteride si rivela sensibilmente più efficace sugli uomini che sulle donne, specialmente quando la calvizie femminile si presenta dopo la menopausa a causa della riduzione degli ormoni estrogeni.

 

Altri tipi di alopecia

Dopo aver approfondito le varie caratteristiche dell’alopecia androgenetica è opportuno tuttavia sottolineare che questo non è l’unico tipo di alopecia esistente e che altre potrebbero essere le cause della caduta dei capelli. Esistono infatti diversi tipologie di alopecia, con diverse cause e diverse risoluzioni.

Ad esempio, se la causa della perdita dei capelli è un forte periodo di stress, si parla di alopecia da stress o psicogena. Questo fenomeno piò tranquillamente rientrare nel momento in cui termina il motivo dello stress. Nella stessa categoria rientrano le alopecie causate da ansia, depressione o da esperienze traumatiche.

Un altro discorso invece va fatto per la cosiddetta alopecia da tricotillomania, un disturbo ossessivo compulsivo che comporta da parte della persona che ne è affetta la necessità di strapparsi i capelli. La tricotillomania cade in una categoria diversa rispetto all’alopecia da stress poiché si tratta di un disturbo del comportamento e non di un effetto psicogeno. Anche in questo caso comunque è possibile, seguendo un percorso adeguato, eliminare il problema.

Oltre a queste, esiste anche l’alopecia da trazione. E’ maggiormente diffusa tra le donne, in quanto è causata dalla continua tensione a cui alle volte sono sottoposti i capelli femminili nel momento in cui vengono raccolti frequentemente in acconciature strette e tese.

Si parla invece di caduta stagionale quando questa si concentra in periodi specifici dell’anno, in particolare appena dopo l’estate e a inizio primavera. In questo caso, si tratta di un processo fisiologico dovuto al fatto che in quei periodi i capelli raggiungono la loro naturale fase di caduta. E’ un fenomeno che può spaventare, ma del quale non bisognerebbe preoccuparsi troppo.

Infine, esiste l’alopecia areata. In questo caso si parla di una patologia infiammatoria cronica caratterizzata dalla perdita di capelli localizzata solo in alcune zone dello scalpo. Le cause di questa tipologia di alopecia sono varie, dalla predisposizione genetica allo stress, passando per una possibile carenza di ferro o una generale malnutrizione. Si tratta di un fenomeno che tende a risolversi autonomamente, ma che alle volte può invece peggiorare e tornare a presentarsi nel corso della vita. Per questo è necessario affidarsi a terapie specifiche.

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Perdita dei capelli

Perdita dei capelli stagionale, in autunno?

La calvizie stagionale è tipica della stagione estiva, anche se in alcune persone questa si presenta a inizio autunno. Al rientro dalle vacanze estive è frequente che ci si renda conto che i capelli cadono maggiormente rispetto a quanto si ritiene essere normale. Tale perdita può durare fino a diverse settimane.

All’incorrere di questo fenomeno, specialmente se di particolare intensità, molte persone si preoccupano che possa trattarsi dell’avanzare o dell’inizio di una calvizie comune. In realtà si tratta di un fenomeno perfettamente normale e molto comune. Tutto tornerà alla normalità nell’arco di poco tempo, perciò non è necessario angosciarsi.

Il presentarsi della calvizie stagionale è dovuto alla presenza di diversi fattori che cadono in concomitanza con il periodo in questione: la più prolungata esposizione al sole comporta un superiore stress ossidativo e proprio con l’arrivo della stagione autunnale si verifica il ricambio fisiologico dei capelli, detto effluvio (che accade anche in primavera). Questo ricambio prevede che i capelli che hanno concluso il loro ciclo vitale cadano e sia fatto posto a quelli nuovi. E’ come se i peli facessero la muta.

Come si diceva, si tratta di un fenomeno perfettamente normale e fisiologico, a conclusione del quale si ripristinerà la situazione precedente alla caduta. Non sapendolo e a causa del disagio che questa situazione provoca, molte persone scelgono di iniziare terapie che funzionano grazie all’effetto tempo, cioè per il fatto che i capelli avrebbero comunque smesso di cadere. Sicuramente, nel caso di efflluvio, una terapia farmacologica con finasteride o minoxidil sarebbe completamente inutile, dal momento che quei principi attivi agiscono sulla calvizie androgenetica e non su quella in questione. Se questa situazione momentanea risultasse comunque insopportabile per la persona, una soluzione potrebbe essere ricorrere a cosmetici a base di rame-peptidi o di idrocortisone (sotto supervisione medica), i quali provocano una più veloce crescita dei capelli nuovi e accelerano quindi il processo di ricambio.

Altri cosmetici utili in questa situazione sono quelli atti a camuffare la perdita temporanea e la lucidezza della testa. Questi cosmetici sono detti hair concealers e nient’altro sono che polvere di microfibre che, una volta sparsa sul cuoio capelluto, dona un effetto di maggiore foltezza e nasconde le zone lucide. Su una persona completamente calva gli hair concealers non possono avere effetto, dal momento che affinché questi funzionino è necessario che comunque nella zona siano rimasti dei capelli, anche miniaturizzati, sui quali le microfibre possano aggrapparsi.

 

La alopecia areata

Quando la perdita di capelli si presenta a chiazze di forma rotonda oppure ovale, specialmente nella zona temporale e in quella occipitale, si tratta di alopecia areata. In passato questa era nota come “area Celsi”, poiché era stata descritta da uno scrittore romano del primo secolo d.C., Celso. Si tratta di una patologia infiammatoria che coinvolge i follicoli piliferi. Ne parliamo più approfonditamente nel nostro articolo intitolato “alopecia”, in particolare nel paragrafo “alopecia areata”.

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Calvizie

Calvizie, miniaturizzazione dei capelli causa dell’alopecia androgenetica

La calvizie è una condizione patologica provocata da cause sconosciute e che vede la perdita dei capelli progressiva, parziale o totale.

Le calvizie possono essere di diversi tipi, ne ricordiamo di seguito alcuni:

 

La calvizie androgenetica

La forma più diffusa di calvizie è quella androgenetica, anche detta calvizie comune, alopecia androgenetica e alopecia ereditaria; dal momento che questa patologia viene spesso vissuta da chi ne è affetto come grave peggioramento del proprio aspetto, essa può provocare disagi psicologici non indifferenti nelle relazioni psicosociali. Non ha invece alcuna influenza sull’aspettativa di vita. Può colpire sia le donne che gli uomini, ma questi ultimi sono nettamente prevalenti.

 

Calvizie comune, assottigliamento dei capelli.

La calvizie, secondo le stime, interessa prevalentemente i soggetti di razza caucasica, dei quali ne sono colpiti circa l’80% dei maschi adulti a partire dai 30 anni. E’ proprio tra i 30 e i 40 anni che il problema affiora per circa il 50% dei soggetti, ma in alcuni casi particolarmente gravi il fenomeno può essere molto più precoce. Cinesi e giapponesi sono i meno colpiti da questa patologia e anche gli uomini di razza nera lo sono molto poco. Data l’altissima incidenza della calvizie nei soggetti di razza caucasica, alcuni autori hanno supposto che si tratti di una condizione parafisiologica invece che patologica.

 

Gli studi riguardo le cause della calvizie hanno portato a credere che questa sia connessa a specifici fattori ormonali e genetici. La definizione di una calvizie come “androgenetica” nasce proprio dall’unione di queste due cause supposte: “androgeni” (gli ormoni maschili) e “genetico” (la genetica del soggetto). Alcuni studi hanno mostrato che la calvizie non può esserci in mancanza di ormoni androgeni, come nei casi in cui sia avvenuta una castrazione in età pre-puberale o si sia subita un’operazione di orchiectomia. Per questo si ritiene probabile che la calvizie sia un’informazione genetica a cui deve necessariamente legarsi la presenza degli ormoni androgeni. La calvizie androgenetica può colpire anche le donne quando il loro livello di ormoni androgeni è particolarmente alto a causa di malattie surrenaliche e/o ovariche. Questo causa loro anche altri problemi, ad esempio disturbi del ciclo mestruale e irsutismo.

 

Non sempre i soggetti affetti da calvizie presentano un livello di ormoni androgeni particolarmente alto, anzi spesso la quantità totale di testosterone si riduce, anche se aumenta la sua frazione libera. Il livello che invece sempre si alza è quello del diidrotestosterone (DHT) un ormone che deriva da una trasformazione del testosterone effettuata dall’enzima 5-alfa-reduttasi. La presenza del diidrotestosterone comporta inizialmente che i capelli crescano più fini e meno lunghi e poi che non ne crescano più abbastanza da coprire l’intero cuoio capelluto. Questo significa che le fasi catagen (di involuzione) e telogen (di riposo) dei capelli si allungano e viceversa si accorcia la fase anagen (di crescita).

 

Oltre a questa, altre possibili cause della calvizie possono essere una diminuzione delle proteine atte a trascinare gli ormoni androgeni nel flusso sanguineo (Sex Hormone Binding Globulin, SHBG) oppure una diminuzione degli enzimi “aromatasi follicolari”, che dovrebbero trasformare il testosterone in estrogeni.

A seconda del sesso della persona in cui si presenta, la calvizie comune si manifesta in modi diversi. La calvizie non colpisce le donne nella zona temporale, ma in loro è evidente nella zona frontale e nel vertice. Negli uomini invece il diradamento è maggiore nella zona del vertice e nella zona fronto-temporale, la cosiddetta stempiatura. La calvizie comune è spesso accompagnata da desquamazione furfuracea e seborrea.

 

I trattamenti contro la calvizie

 

Esistono diversi trattamenti per combattere la calvizie.

Un primo metodo è il trapianto chirurgico. Inizialmente sono stati fatti dei tentativi per trapiantare al paziente dei capelli sintetici di nylon, ma questi non sono andati a buon fine. Nonostante le terapie antinfiammatorie e cortisoniche infatti, il nylon veniva rigettato sviluppando granulomi e causando infiammazioni. Alla fine, il 20% dei capelli trapiantati cadeva. Per queste ragioni il trapianto chirurgico di capelli viene oggi effettuato prelevando i capelli direttamente dal paziente stesso e si parla quindi di autotrapianto. Si procede estraendo dalla nuca o dalla zona dietro le orecchie un’area di cuoio capelluto delle dimensioni di circa 2cm per 10-20 cm. Quest’area viene poi suddivisa in unità follicolari da impiantare una per una nella zona calva. La percentuale di attecchimento in questo caso è del 90% e possono essere effettuati da 500 a 2000 innesti. I risultati possono essere più o meno buoni e teoricamente risolvere il problema per l’intera vita a seconda della bravura di chi esegue l’intervento. I segni dell’intervento sono comunque poco visibili e scompaiono velocemente. L’autotrapianto non è efficace nel caso di malattie del cuoio capelluto come l’alopecia cicatriziale, mentre è indicato nel caso della calvizie androgenica. Abbiamo trattato più approfonditamente la questione nel nostro articolo “trapianto di capelli”, che vi invitiamo a leggere.

Un secondo metodo, indicato per i casi in cui la calvizie non è ancora particolarmente accentuata, è quello farmacologico. Ai primi stadi della calvizie si può infatti intervenire con lozioni di minoxidil al 2%-5% e con finasteride (1 mg/die). Questo trattamento vale solo per la calvizie maschile, perché il minoxidil è meno efficace sulle donne e la finasteride non è consigliabile.

Infine si può trattare la calvizie esteticamente usando un toupet.

 

Scala Norwood, Ludwig ed Hamilton

 

Tra tutte le scale che sono state inventate allo scopo di misurare quanto la calvizie sia estesa, le più conosciute sono quella Hamilton, quella Norwood e quella Ludwig.

La scala di Hamilton, divisa in cinque livelli, è stata la prima e risale al 1951.

  • Stadio I: preso di per sé, questo stadio non costituisce un sicuro indizio di calvizie. A questo stadio i capelli arretrano simmetricamente nella zona fronto-temporale e alle volte arretra anche la linea frontale.
  • Stadio II – Il secondo stadio presenta le stesse caratteristiche del primo, ma più accentuate. Vi è un diradamento del vertice e una maggiore arretramento della linea frontale.
  • Stadio III – Il terzo stadio vede le zone alopeciche anteriore e posteriore unirsi. Così rimane solo una sottile striscia di capelli.
  • Stadio IV – A questo stadio resta solamente una corona di capelli nella zona temporo-occipitale. I capelli sono invece completamente caduti nella zona del vertice e in quella fronto-parietale.
  • Stadio V – Al quinto stadio la corona caratterizzante il quarto stadio si riduce ulterioermente.

 

La seconda scala, divisa questa volta in 7 livelli poi ulteriormente frazionati, fu ideata da Norwood nel 1975 modificando quella di Hamilton. In totale la scala di Norwood prevede 12 suddivisioni:

 

 

  • Stadio I: a questo stadio non si è affetti da calvizie.
  • Stadio II: a questo stadio i capelli arretrano simmetricamente nella zona fronto-temporale. E’ lo stadio corrispondente al primo della scala Hamilton.
  • Stadio IIa: è come lo stadio II, ma è caratterizzato da un maggiore dell’arretramento della linea frontale.
  • Stadio III: a questo stadio vi è un maggiore arretramento nella zona fronto-temporale. Equivale allo stadio I della scala Hamilton.
  • Stadio IIIa: è come lo stadio III, ma è caratterizzato da un maggiore arretramento della linea frontale.
  • Stadio III vertex: è come lo stadio II della scala Hamilton e come quelli III e IIIa della scala Norwood, ma è caratterizzato in più dal diradamento del vertice.
  • Stadio IV: il quarto stadio della scala Norwood è simile al III della scala Hamilton, solo meno accentuato. A questo stadio resta, tra le zone alopeciche anteriore e posteriore, una striscia di capelli.
  • Stadio IVa: a questo stadio la linea dell’attaccatura anteriore arretra fino alla virtuale linea che intercorre tra le estremità delle orecchie. Scompare la striscia di capelli dello stadio IV e potrebbe esserci un diradamento nella zona del vertice.
  • Stadio V: è come lo stadio III della scala Hamilton e come quello IV della scala Norwood, ma più accentuato.
  • Stadio Va: è come lo stadio IV della scala di Hamilton, solo un po’ meno accentuato, e simile al IVa della scala Norwood.
  • Lo stadio VI è come lo stadio IV della scala Hamilton
  • Lo stadio VII è come lo stadio V della scala Hamilton.

 

Molti uomini presentano un livello di calvizie della scala Norwood compreso tra lo stadio I e II. Questi stadi non è detto che progrediscano in calvizie più gravi e per questo vengono da alcuni autori definiti come condizione fisiologica di alopecia fronto-parietale maschile. E’ solo dallo stadio III vertex della scala Norwood che si può parlare di vera e propria calvizie. La L’immagine a fine paragrafo mostra graficamente i vari stadi della scala Norwood.

 

 

 

 

La scala ludwig per la calvizie femminile

 

La calvizie femminile viene suddivisa secondo una scala meno articolata rispetto a quelle di Norwood e Hamilton, la scala di Ludwig, divisa in soli tre diversi stadi di diversa intensità. Di seguito i tre tipi di quest’ultima scala:

 

  • Tipo I: questo livello vede un limitato diradamento dei capelli sulla corona. La linea frontale si assesta a circa 1-3 cm dietro la linea frontale. E’ la calvizie più comune nelle donne.
  • Tipo II: a questo livello il diradamento sulla corona aumenta e diventa molto evidente.
  • Tipo III: a questo livello la situazione dei tipi I e II si accentua e il diradamento diventa ancora più consistente. E’ la calvizie meno frequente.

 

L’immagine qui sotto mostra la scala Ludwing suddivisa nei suoi tre tipi.

 

Calvizie psicogena, un problema di psiche?

 

Un’altra forma di calvizie è quella psicogena. Questa viene spesso confusa con l’alopecia androgenetica o con la calvizie androgenetica, poiché queste hanno in comune con essa una produzione di sebo eccessiva. La sovrapproduzione di sebo ha però delle cause diverse nel caso di calvizie psicogena e di alopecia seborroica. Nel primo caso, la seborrea è una causa indiretta della caduta dei capelli dovuta allo stress (la calvizie psicogena è spesso conosciuta proprio come “calvizie da stress”), mentre nel secondo ne è la causa diretta.

La calvizie psicogena è caratterizzata dalla caduta dei capelli, da prurito, dermatite seborroica e dolore alla tricodinia (la cute dei capelli). Abbiamo scritto un articolo intitolato “stress” nel quale presentiamo alcuni suggerimenti per risolvere il problema, tenendo a mente che l’unica soluzione davvero efficace è l’eliminazione di ciò che causa lo stress.